Il Ministro Urso anticipa: una misura unica e risorse nazionali

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato che nella prossima Legge di Bilancio potrebbe essere introdotta una misura unica che accorperà gli attuali piani Transizione 4.0 e Transizione 5.0.

L’obiettivo sarà duplice:

  1. Superare il dualismo fra i due strumenti, che finora sono stati distinti per obiettivi e condizioni (digitalizzazione/semi-digitalizzazione vs sostenibilità ambientale), ma con sovrapposizioni e talvolta confusione fra imprese e settori.
  2. Dare maggiore stabilità pluriennale agli incentivi, togliendo vincoli temporali troppo rigidi, in modo che le imprese possano pianificare con un orizzonte più lungo.

Una delle novità più significative è che la nuova misura sarà finanziata con risorse nazionali. Questo è importante perché si vuole svincolare l’incentivo dalle limitazioni che derivano dagli strumenti europei, in particolare dal PNRR, che implicano scadenze, rendicontazioni, vincoli regolamentari (fra cui ad esempio il principio europeo “DNSH – Do No Significant Harm”).

 

Cosa comporta usare risorse nazionali

Vantaggi

  • Maggiore autonomia e flessibilità: evitare i lacci imposti dai programmi europei permette di definire criteri più aderenti alle esigenze locali, tenendo conto delle differenze settoriali italiane. Imprese energivore ad esempio, che faticano a rispettare immediatamente certi standard ambientali, potranno forse trovare maggiore inclusione.
  • Orizzonte temporale più lungo: non dover far coesistere obblighi di rendicontazione o scadenze europee (spesso rigide) consente un intervento strutturale che non sia “una tantum” o limitato al perimetro del PNRR.
  • Semplificazione burocratica: le procedure europee richiedono spesso verifiche, report, audit, condizioni ambientali stringenti, che possono rallentare l’accesso agli incentivi. Con risorse nazionali si può forse puntare a snellire queste procedure.

 

Rischi e criticità

  • Vincoli di finanziamento pubblico: significa che il carico sui conti pubblici aumenta. Le risorse nazionali non sono illimitate, e programmare una misura pluriennale significa impegnare budget per anni, con rischio che future manovre le riducano o le modifichino sotto pressione finanziaria.
  • Sostenibilità nel tempo: se non verranno stanziate adeguate somme, la misura rischia di rimanere più simbolica che sostanziale. L’“annuncio” è chiaro, ma serve che i numeri seguano: stanziamenti, modalità, aliquote, soglie realistiche.
  • Eccessiva dipendenza dal bilancio statale: se l’Italia non riuscirà a cogliere anche le opportunità offerte da fondi europei o altre fonti internazionali, può perdere economie di scala, partenariati, tecnologie. I fondi europei, nonostante i vincoli, spesso consentono un “leveraging” (cioè moltiplicatore) di risorse private o nazionali.

 

Il contesto: PNRR, Transizione 5.0 e limiti fino ad oggi

È utile ricordare alcuni elementi del contesto attuale:

  • Transizione 5.0, prevista nel PNRR (Missione REPowerEU), ha una dotazione di circa 6,3 miliardi di euro.
  • Essa è vincolata temporalmente: in particolare, gli investimenti devono essere completati entro il 31 dicembre 2025.
  • Ci sono stati limiti settoriali: comparti energivori o con difficoltà ambientali immediate sono stati penalizzati o esclusi perché non rientravano nei criteri DNSH o altri requisiti ambientali stringenti.

Per esempio, aziende nei settori della siderurgia, chimica, ceramica, carta – pur avendo forte impatto ambientale – hanno trovato ostacoli nel dimostrare nel breve termine la neutralità ambientale richiesta.

 

Cosa ci si aspetta dalla misura unica

Alcune ipotesi, basate su fonti giornalistiche e commenti delle associazioni di categoria:

  • La misura unica potrebbe essere modulare, cioè avere una parte dedicata al digitale, una al green / sostenibilità, e forse una sezione premiale per chi combina le due transizioni (la cosiddetta “twin transition”).
  • Potrebbe durare 3-5 anni, per dare certezza agli investimenti aziendali.
  • Le aliquote di incentivo potrebbero essere calibrate in modo più progressivo, con soglie di accesso semplificate per le imprese piccole e medie, inclusione più ampia per le realtà energivore con condizioni mitiganti.

 

Fondi Europei vs. Nazionali: una valutazione politica ed economica

La scelta di affidarsi a risorse nazionali (o almeno fare della nuova misura una misura principalmente nazionale) ha significati politici, economici e strategici.

Politicamente, è un segnale forte di sovranità economica: l’Italia vuole non dipendere quasi esclusivamente dai vincoli europei per le politiche industriali, per garantire stabilità indipendente dalle scadenze europee.

Economicamente, è una sfida: il bilancio dello Stato dovrà sostenere un impegno pluriennale, con possibili effetti sul debito pubblico, sul deficit, e su altre spese prioritarie.

Strategicamente, se ben fatta, può rendere il sistema più reattivo, meno vincolato dai cambiamenti nelle regole europee e più capace di anticipare le esigenze delle imprese.

Ma allo stesso tempo, può esserci il rischio che l’Italia perda l’“effetto leva” degli stanziamenti comunitari, l’accesso a peer review, alla dimensione europea delle catene del valore, e la spinta verso standard ambientali alti che spesso derivano dall’adesione a regole comuni.

L’accorpamento di Transizione 4.0 e 5.0 in una misura unica nazionale può portare a più certezza, più coerenza, più rapidità al sostegno alle imprese. Se davvero ben strutturato, questo approccio potrebbe correggere molti dei limiti denunciati finora: la burocrazia, la scadenza imminente del PNRR, l’esclusione di settori “difficili” ma strategici.

Perché questo avvenga, non bastano le intenzioni: serve che la Manovra stanzi risorse adeguate, che le regole d’accesso siano certe, che i tempi siano realistici per le imprese.

E serve anche un equilibrio: pur potenziando l’uso dei fondi nazionali, non trascurare del tutto le opportunità europee, che restano importanti per le imprese più grandi o con progetti più ambiziosi.

 

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