Manovra 2026: cosa cambia per Industria 4.0 e Transizione 5.0

Con la Manovra 2026 il Governo propone una svolta importante nel sistema degli incentivi agli investimenti: il ritorno dell’iperammortamento al posto dei crediti d’imposta 4.0 e 5.0.

Si tratta di un passaggio che arriva dopo un biennio 2024–2025 segnato da forte instabilità normativa e operativa, culminata con la chiusura anticipata del Piano Transizione 5.0 per esaurimento fondi e con le note difficoltà gestionali della piattaforma GSE.

Di seguito una lettura ragionata di dove siamo e dove stiamo andando.

Cosa resta del “vecchio” 4.0 e 5.0 fino al 2025

Fino al 31 dicembre 2025 restano in vigore:

  • il credito d’imposta beni strumentali 4.0 per gli investimenti effettuati nel biennio 2024–2025, con possibilità di “coda” al primo semestre 2026 se entro il 31 dicembre 2025 è stato effettuato l’ordine e versato un acconto almeno del 20%; 
  • il Piano Transizione 5.0, formalmente riferito a progetti 2024–2025 ma di fatto già chiuso per esaurimento risorse, con numerose domande respinte o sospese e una fase istruttoria GSE ancora molto delicata. 

Il risultato è un quadro di fine 2025 frammentato: 4.0 in esaurimento, 5.0 di fatto terminato, molte imprese con investimenti effettuati ma senza certezza di poter agganciare un’agevolazione.

Nuovo iperammortamento 2026: struttura e stato dell’arte

 

Base normativa e iter parlamentare

L’iperammortamento 2026 è disciplinato dall’articolo 94 del Disegno di Legge di Bilancio 2026, nell’ambito del Titolo dedicato alle misure a favore delle imprese. 

Al momento in cui scrivo:

  • il DDL è ancora all’esame del Parlamento e potrebbe essere modificato in sede di approvazione e conversione;
  • il testo prevede un decreto attuativo MIMIT–MEF (sentito MASE) per definire criteri tecnici, contenuti e tempistiche delle comunicazioni (in particolare via piattaforma GSE). 

Parallelamente, negli ultimi giorni sono arrivate alcune anticipazioni politiche da parte di Marco Calabrò, Capo del Dipartimento per le politiche per le imprese del MIMIT, che nel suo intervento a Milano presso il MADE Competence Center Industria 4.0 a cui ha partecipato anche l’ing. Marco Belardi, direttore tecnico della B.U. Industria 4.0 e Transizione 5.0 del Polo Tecnologico Alto Adriatico.

In queste anticipazioni si è parlato di:

  • volontà di rendere la misura pluriennale, almeno fino al 2027 e possibilmente al 2028;
  • aggiornamento degli Allegati A e B per tenere conto delle nuove tecnologie, in particolare lato software;
  • eliminazione, in prospettiva, di un tradizionale decreto interministeriale per velocizzare l’apertura della piattaforma GSE

Bisogna però fare attenzione che, con tutti i migliori intenti, per ora queste non sono norme (perlomeno non ancora) ma annunci di possibile volontà politica che dovranno poi tradursi in emendamenti o provvedimenti concreti.

 

Dal credito d’imposta alla maxi-deduzione

La vera novità di struttura è il passaggio dal credito d’imposta alla maggiorazione del costo ammortizzabile:

  • non si parla più di credito compensabile in F24;
  • il bene continua a costare 100, ma fiscalmente l’impresa deduce una base di 180, 200, 220 ecc. a seconda dei casi. 

In altri termini, l’agevolazione si “spalma” su tutta la vita utile del cespite sotto forma di quote di ammortamento più elevate.

 

Ambito temporale

Secondo il DDL:

  • sono agevolabili gli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026;
  • è prevista una coda al 30 giugno 2027 per i beni ordinati entro il 31 dicembre 2026 con acconto almeno pari al 20%.

Parliamo quindi, allo stato attuale, di un incentivo annuale con coda di sei mesi, in attesa di vedere se la promessa di pluriennalità fino al 2027/2028 verrà davvero recepita nel testo definitivo.

 

Beni agevolabili: 4.0 “puro” e gamba green

Il DDL riprende la logica 4.0 e 5.0 all’interno di un’unica misura.

Linea 4.0 “pura”

Rientrano gli investimenti in:

  • beni materiali e immateriali strumentali nuovi compresi negli Allegati A e B alla L. 232/2016, con i relativi requisiti tecnici (controllo per mezzo di CNC/PLC, interconnessione, integrazione nei sistemi aziendali, ecc.). 

Ad oggi il DDL riutilizza gli allegati storici senza aggiornarli. Analisi autorevoli (Belardi su Il Sole 24 Ore, studi professionali come Chiomenti) ritengono poco probabile un allargamento automatico del perimetro senza un intervento ad hoc. 

 

Linea “green/energia” in stile 5.0

È prevista una gamba specifica per:

  • beni 4.0 che garantiscono una riduzione dei consumi energetici (almeno 3% sul sito produttivo o 5% sui processi interessati);
  • impianti da fonti rinnovabili (fotovoltaico, ecc.) e sistemi di accumulo per l’autoconsumo, con requisiti tecnici specifici, ad esempio in coerenza con il DM 181/2023 per i moduli fotovoltaici. 

Le analisi di settore evidenziano un possibile spazio per il fotovoltaico “stand alone” e per soluzioni software collegate ai temi energetici, non solo per progetti complessi alla maniera del vecchio 5.0. 

 

Aliquote e adempimenti

 

Scaglioni di maggiorazione

Le fonti tecniche convergono su una struttura di questo tipo: 

  • Linea 4.0 standard
    • +180% del costo ammortizzabile fino a 2,5 milioni di euro;
    • +100% tra 2,5 e 10 milioni;
    • +50% tra 10 e 20 milioni.
  • Linea “green” potenziata
    Se l’investimento rispetta le soglie di riduzione dei consumi:
    • +220% sul primo scaglione;
    • +140% sul secondo;
    • +90% sul terzo.

Attenzione: si tratta di maggiorazioni del costo deducibile, non di percentuali di credito d’imposta sulla spesa.

 

Adempimenti tecnici e ruolo del GSE

Il DDL, integrato dalle bozze circolanti, prevede: 

  • perizie o attestazioni tecniche per dimostrare:
    • il rispetto dei requisiti 4.0,
    • l’interconnessione,
    • le performance energetiche dove richiesto;
  • comunicazioni obbligatorie via piattaforma GSE, in continuità con quanto visto su Transizione 5.0;
  • condizioni generali di accesso (regolarità contributiva, sicurezza sul lavoro, ecc.).

Il decreto attuativo MIMIT dovrà dettagliare modulistica, contenuti e tempistiche delle comunicazioni, con il rischio concreto di aprire una nuova stagione di circolari e FAQ dopo l’esperienza non esaltante del 5.0. 

 

Allegati, decreti attuativi e art. 109 TUIR: i punti aperti

 

Allegati A e B: aggiornare o no?

Oggi il DDL:

  • richiama espressamente gli Allegati A e B della L. 232/2016;
  • non contiene un aggiornamento puntuale degli elenchi. 

Belardi, commentando il DDL su Il Sole 24 Ore, parla esplicitamente di “poco probabile allargamento del perimetro” degli allegati senza interventi specifici, e conferma che, allo stato, il legislatore si limita a “riutilizzare” le categorie esistenti. 

In parallelo, Calabrò ha dichiarato pubblicamente che il MIMIT sta lavorando ad un aggiornamento, soprattutto sul fronte software, ma finché non vedremo il testo degli emendamenti, si tratta di una promessa politica, non di diritto positivo. 

 

Decreti attuativi: servono o no?

Il DDL, nella versione oggi disponibile, prevede esplicitamente un decreto MIMIT che dovrà fissare criteri “green”, tetti di costo, modalità e termini delle comunicazioni GSE. 

L’idea, circolata in alcuni commenti, di una misura subito operativa “dal 1° gennaio 2026 senza decreti” non è coerente con il testo attuale. Più realistico pensare che:

  • la parte 4.0 “pura” sia relativamente auto-esecutiva, perché poggia su un corpo consolidato di prassi (circ. 4/E 2017, 9/E 2021, ecc.); 
  • la parte green/energetica abbia comunque bisogno di istruzioni puntuali (soglie di risparmio, schemi di calcolo, audit, ecc.), difficilmente gestibili senza decreto.

 

Art. 109 TUIR e “salvagente” per gli investimenti 2025–2026

Il DDL circoscrive l’agevolazione agli “investimenti effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026”, con coda al 30 giugno 2027. 

Come sempre, “effettuati” va letto alla luce dell’art. 109 TUIR:

  • per i beni mobili rileva la data di consegna o spedizione, o quella in cui si produce l’effetto traslativo/costitutivo, non quella dell’ordine o dell’acconto;
  • per investimenti complessi o in leasing contano collaudi, stati avanzamento, accettazioni finali. 

Su questo punto, l’analisi di Belardi è chiara:

  • un macchinario ordinato nel 2025 ma consegnato nel 2026 rientra nel nuovo iperammortamento;
  • il pagamento di acconti prima del 2026 non preclude l’agevolazione;
  • gli investimenti avviati sotto 4.0/5.0 ma non completati entro il 2025 possono agganciare l’iperammortamento 2026, se il momento di effettuazione (ai sensi dell’art. 109) cade nel 2026.

Questo è il vero “salvagente di sistema”: l’applicazione delle regole generali di competenza fiscale.

Quello che non esiste nel DDL è una norma di salvaguardia ad hoc che recuperi gli investimenti già effettuati nel 2025, rimasti scoperti per esaurimento fondi, errori formali o criticità della piattaforma 5.0, e li “trasferisca” nell’iperammortamento 2026. 

 

Pro e contro del ritorno all’iperammortamento

 

I punti di forza

  • Le aliquote nominali (soprattutto sulla linea “green”) sono, in valore attuale, spesso più generose delle aliquote 4.0 2025 (20–35% di credito) per chi ha una buona capienza fiscale
  • L’iperammortamento è uno strumento strutturale, non legato a un plafond “a sportello” come il credito 5.0: questo riduce i rischi di click-day e chiusure improvvise per esaurimento risorse. 
  • Integra in un’unica misura la logica 4.0 (digitale) e 5.0 (efficienza energetica/autoproduzione), premiando i progetti che combinano innovazione tecnologica e riduzione dei consumi. 
  • Il meccanismo è già conosciuto da imprese, consulenti e periti 4.0 grazie all’esperienza 2017–2019, con un potenziale minore tasso di “shock interpretativo” rispetto al 5.0. 

 

Le criticità

  • L’iperammortamento premia solo chi ha imponibile: le imprese con utili bassi o altalenanti rischiano di vedere il beneficio diluito o, di fatto, sterilizzato, mentre il credito d’imposta poteva essere monetizzato più rapidamente.
  • L’effetto cassa è più debole: la maggiore deduzione si spalma sulla vita utile del bene, anziché ridurre in modo diretto e concentrato il carico fiscale di pochi esercizi. 
  • La finestra 2026 + coda al 30/06/2027 crea un potenziale vuoto per gli investimenti completati nel 2025 rimasti fuori da 4.0/5.0 e lascia incerta la prospettiva oltre il 2026, salvo che la pluriennalità annunciata trovi spazio nel testo finale. 
  • La complessità operativa resta alta: perizie, audit energetici, interfaccia con il GSE, possibili nuovi controlli e verifiche. L’esperienza del 5.0 ha dimostrato che il vero collo di bottiglia non è solo la legge, ma l’intera filiera attuativa.

 

Cosa significa per una PMI/manifattura 4.0–5.0

In chiave pragmatica:

  • Imprese con utile “vero” e piani di investimento importanti
    Possono trovare nell’iperammortamento 2026 (soprattutto nella versione “green”) uno strumento molto interessante, a patto di progettare per tempo la combinazione tra automazione, software, rinnovabili ed efficienza energetica.
  • Imprese fiscalmente deboli o in perdita
    Rischiano un downgrade rispetto al credito d’imposta: il beneficio esiste sulla carta, ma arriva poco e tardi. In questi casi la valutazione va fatta caso per caso, considerando anche altri strumenti (ZES Unica, misure regionali, bandi specifici, ecc.). 
  • Pianificazione 2025–2027
    Diventa cruciale mettere in fila, per ogni investimento:
    • data di ordine e acconti;
    • data di consegna/collaudo;
    • eventuale “prenotazione” sul vecchio 4.0;
      per capire se convenga anticipare o posticipare il completamento per rientrare nella finestra più favorevole.
  • Progetti complessi
    Per linee integrate, grandi revamping, fotovoltaico con storage, soluzioni AI e software avanzati, è prudente non chiudere decisioni borderline finché MIMIT, AE e GSE non avranno chiarito bene:
    • perimetro dei beni ammessi (aggiornamento Allegati sì/no);
    • modalità di prova dei risparmi energetici;
    • formato delle comunicazioni e dei controlli.

 

La manovra del riordino?

La Manovra 2026 prova a riordinare un quadro normativo che, con Transizione 5.0, ha generato più incertezza che fiducia.

Il ritorno all’iperammortamento è, da un lato, un passo verso uno strumento più ordinato e strutturale; dall’altro, rischia di lasciare sul bordo della strada proprio quella parte di PMI che, in questi anni, ha faticato di più a orientarsi tra piattaforme, decreti e FAQ.

Finché la legge di bilancio e i provvedimenti attuativi non saranno pubblicati, molte “promesse” restano tali.

Nel frattempo, per le imprese che investono in Industria 4.0 e transizione energetica, l’unico approccio sensato è mettere i numeri sul tavolo, incrociare le diverse finestre temporali (4.0, 5.0, iper 2026) e decidere dove ha senso posizionare, in concreto, ogni singolo investimento.

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